martedì 24 maggio 2016

TRADUTTORI: VERONICA PICONE

Abbiamo il piacere di condividere con Voi, l'intervista che la traduttrice Veronica Picone ha rilasciato alla nostra Shanmei.

l'immagine del profilo di Veronica PiconeBenvenuta Veronica, parlaci di te, raccontaci il tuo percorso di studi.
Buonasera (o buongiorno, dipende dall’ora in cui leggerete). Sono una ragazza di quasi 23 anni, mi definirei studentessa, ma non è proprio così. Ho studiato ragioneria e sono arrivata al quinto anno, ma per vari problemi di cui non sto a parlarvi non sono ancora riuscita a prendere il diploma, anche se conto di farlo, prima o poi. Quindi diciamo che sono una quasi ragioniera-programmatrice. Strano percorso di studi per una traduttrice, vero?
Come è nato il tuo amore per la traduzione?
Per parlare del mio amore per la traduzione devo prima parlare del mio amore per l’inglese. Se vi dico che fino a circa otto anni fa avevo 3 in inglese mi credete? Per me era una materia come le altre, noiosa e complicata. Troppe regole grammaticali, troppi vocaboli, troppo studio fine a se stesso. La svolta è avvenuta quando, a quindici anni circa, mia sorella mi ha fatto avvicinare al mondo dei manga. All’epoca era difficile trovarli in italiano, perciò mi sono dovuta adattare a leggerli in inglese. Ovviamente all’inizio non ci capivo quasi niente, avevo Google traduttore perennemente aperto ed era abbastanza frustrante, ma piano piano, senza neanche rendermene conto, era diventato più semplice. L’inglese a quel punto non era più un dovere, ma una lingua interessante, utile e anche divertente. Tuttavia, mi mancavano ancora le basi: la grammatica, la struttura delle frasi che capivo solo per intuito… Quindi ho cominciato a prestare più attenzione alle spiegazioni in classe e lo spirito di competizione con i compagni di classe ha fatto il resto. Il passo dai manga alle serie TV è stato breve e di là a poco sono entrata a far parte di una community di fansubbing. La fase finale è stata cominciare a leggere in lingua, da lettrice accanita quale sono. 
Come è iniziato il tuo lavoro di traduttrice? Quale è stato il primo testo che hai tradotto?
Ho cominciato a tradurre quando è uscito Clockwork Prince di Cassandra Clare. Volevo assolutamente leggerlo e l’uscita in Italia era ancora troppo lontana, perciò ho provato questa nuova esperienza, che si è rivelata abbastanza fallimentare. Tradurre mi veniva piuttosto facile, leggere in inglese senza rischiare di farmi venire un esaurimento nervoso un po’ meno, perciò ho pensato che tradurre man mano che leggevo mi avrebbe aiutato (odiavo non capire tutto). Comunque non sono arrivata molto lontano nella traduzione, non ne vedevo lo scopo e non mi godevo per niente la lettura, perciò dopo un po’ ho lasciato perdere e ho aspettato l’uscita italiana.
Per qualche strana coincidenza, il primo libro che ho letto interamente in lingua è stato il seguito di quella stessa trilogia.  Il segreto? Non pretendere di capire tutto.
Comunque sto divagando. Il primo libro che ho tradotto per intero, e che poi è stato messo in vendita, è stato il primo episodio della serie My Masters’ Nightmare di Marita A. Hansen: Rapimento.
Hai fatto traduzioni per Case Editrici, Agenzie di marketing o pubblicità?
No. Già è difficile con la laurea, figuriamoci senza diploma.
Sappiamo che traduci autori stranieri che poi si auto-pubblicano in italiano. Come è nata questa idea? Quali opere hai tradotto fino ad oggi? E perché le hai scelte?
Questa idea mi è stata suggerita da un gruppo di ragazze, tra cui anche la nostra Lady Aileen, che mi hanno contattato tramite la mia pagina di traduzione di romanzi interrotti in Italia (sì, ne ho creata una nel frattempo). Il progetto era tradurre Carnage di Lesley Jones, ma poi non ricordo perché non è andato in porto. Forse l’autrice non poteva pagarmi? Comunque… sempre tramite questo gruppo sono entrata in contatto con Marita A. Hansen. Non avendo disponibilità economiche per pagarmi lei la traduzione, ci siamo “rivolte” a Babelcube. Da qui ho cominciato a tradurre la sua serie dark romance “My Masters’ Nightmare” e ad oggi sono arrivata al dodicesimo episodio (è pensata come una serie TV). Inoltre ho tradotto il primo volume della “Biker Series”, Resisting the Biker, di Cassie Alexandra e sto traducendo il secondo, Surviving The Biker.
Per quanto riguarda il motivo della scelta, nel caso di My Masters’ Nightmare era la prima volta che avevo un’opportunità del genere e non me la sono fatta sfuggire, essendo nuova di quel mondo.
La “Biker Series” l’ho scelta per una questione di mercato. È noto ai più che i romanzi erotici hanno un grande riscontro tra i lettori, specialmente di libri auto-pubblicati, e quindi ho fatto una scelta mirata al guadagno, visto che l’erotico non è il mio genere. 
Hai riscontrato difficoltà nel far accettare agli autori questo nuovo modo di pubblicarsi in paesi stranieri o ne avevano già sentito parlare?
Nessuna difficoltà, è stata Marita a contattarmi e Cassie Alexandra l’ho trovata su Babelcube. 
Se questo tipo di pubblicazione diventasse sempre più diffuso, pensi che gli Editori non avrebbero più ragione di esistere o rimarrebbe solo una pubblicazione alternativa?
Premetto che do per scontato che l’auto-pubblicazione si basi su un guadagno dovuto ad una divisione di royalties. Gli Editori sono una colonna portante del mercato letterario, non riesco a immaginare un mondo senza case editrici, onestamente. Senza contare che rendono tutto il processo di traduzione, marketing e pubblicazione più semplice. Nel caso di auto-pubblicazione chi paga eventuali correttori di bozze, revisori, addetti al marketing, ecc.? Nessuno, ecco perché ci si divide i compiti, si ricorre a dei beta reader che correggono eventuali traduzioni gratis, ai blog per pubblicizzare un’opera, ma questo la maggior parte delle volte non garantisce un lavoro completamente professionale.  Inoltre forniscono un contratto a tutte le parti (nello specifico autori e traduttori) e quindi permettono di rendere il tutto un po’ più stabile sul piano lavorativo.
In conclusione, per come stanno le cose ora, il self-publishing è un’alternativa valida per quegli autori che vogliono farsi conoscere in altri Paesi, ma non può essere l’unica soluzione.
Quanto tempo serve per portare a termine la traduzione di un romanzo?
Dipende. Innanzitutto bisogna considerare quante ore al giorno si dedicano alla traduzione. Nel caso di traduttori pagati sulla base delle royalties, in media saranno molto meno rispetto a quelle di un traduttore di una casa editrice.
Io, nello specifico, se il romanzo non è troppo lungo e complicato e riesco a tradurre un po’ quasi tutti i giorni, riesco a concluderlo in un mese, anche meno.  Questo perché la traduzione è più veloce e rilassante. Per le traduzioni più tecniche non saprei, perché le mie non sono particolarmente complicate, ma ad esempio My Masters’ Nightmare ha molto più slang e quindi devo fare qualche ricerca in più rispetto alla Biker Series.
Tradurre è il tuo lavoro principale, o fai altre attività?
È il mio unico lavoro, anche se ovviamente non mi dà alcuna indipendenza economica.
Preferisci una traduzione più letterale o creativa? O un mix delle due a seconda dei casi?
Decisamente creativa. Non sono mai ricorsa alla traduzione letterale, perché per me non è traduzione. Come fai a tradurre letteralmente un gioco di parole? Ma non solo, l’inglese e l’italiano sono lingue molto diverse, bisogna per forza interpretare per trasmettere il vero significato al lettore, magari anche cambiando parecchio la struttura della frase. Poi errare è umano, e quindi l’interpretazione potrebbe essere sbagliata, ma sicuramente è da apprezzare più di una traduzione letterale. A noi traduttori non piace vincere facile…
Esistono penali in caso di mancata consegna del lavoro nei tempi stabiliti? Ti è mai successo di incorrervi?
Su Babelcube l’unica possibile penale sarebbe una valutazione negativa da parte dell’autore. No, non mi è mai successo.
E veniamo al tasto più dolente, i pagamenti. Come ti tuteli dai committenti morosi?
Per fortuna il mio unico “committente” è Babelcube, che non è mai moroso. In ogni caso, se dovessi tradurre su commissione, mi farei sempre pagare prima di consegnare l’opera completa. 
Hai mai vinto premi dedicati a i traduttori?
No.
Quale è l’ultimo libro che hai tradotto? Che difficoltà hai riscontrato?
L’ultimo libro tradotto è stato l’episodio 12 di My Masters’ Nightmare. L’unica difficoltà è stato lo slang, c’erano diversi giochi di parole che mi hanno dato del filo da torcere e io odio i giochi di parole. Per il resto è abbastanza semplice, anche se lo stile di Marita è un po’ particolare.
Quale è il momento più bello per un traduttore?
Le recensioni positive che toccano anche la traduzione e i ringraziamenti dei lettori. All’inizio, ovviamente, scaricare il libro tradotto e leggere il proprio nome sulla prima pagina. 
Raccontaci un aneddoto, bizzarro, incredibile legato al tuo lavoro?
Dunque… un aneddoto? Mi viene in mente solo il momento in cui, senza particolari aspettative, ero andata a controllare le vendite di Resisting The Biker e mi sono trovata un numero “spropositato”. Pensavo ci fosse un errore, visto che non l’avevo quasi pubblicizzato. Sono rimasta sconvolta. 
Quale consiglio daresti ad una persona che vorrebbe intraprendere il lavoro di traduttore?
Un consiglio per cominciare può essere di iscriversi a Babelcube. Purtroppo è difficile lavorare per una casa editrice, ma se si ha una laurea perché non provare a tempestarle? Un’altra buona idea potrebbe essere tradurre un romanzo per conto proprio e inviarlo all’Editore.
Quali sono i tuoi progetti futuri?
Ho in programma di tradurre diversi libri di Marita. Mi trovo bene a lavorare con lei e sicuramente My Masters’ Nightmare non sarà l’ultima collaborazione. Poi il secondo della Biker Series, Surviving The Biker, e se le vendite restano solide anche i seguiti. 

Non me lo sarei mai aspettata, non avevo immaginato quanto sarebbe cambiata la mia vita nel giro di un mese. Mi sarei innamorata di un uomo, ne avrei ucciso un altro, e avrei perso il mio corpo, la mia mente, la mia anima, la mia libertà, per loro. Io ero un'agente, una donna forte che veniva incaricata di salvare la gente, ma a causa di questi due uomini ero diventata debole. Non mi piaceva essere debole, mi faceva infuriare. Se avessi avuto carta bianca li avrei uccisi entrambi. Ma non ero lì per una questione di orgoglio, ero lì per liberare quelle donne e distruggere i due uomini che le vendevano come schiave sessuali.

Quegli uomini dovevano essere puniti. E io li avrei puniti. A qualsiasi costo. Indipendentemente da quanto avrei perso. Perché io sono Rita Kovak. L'incubo dei miei padroni.

La studentessa ventunenne universitaria, Adriana Nikolas, non sa cosa fare con Raptor, il motociclista sexy che sembra ossessionato dal voler far sesso con lei. Figo o meno, fin dal primo incontro capisce che è pericoloso, sia dentro che fuori dal letto.